Il gatto e la donna: quasi parenti

Le donne e i gatti faranno quello che vogliono e gli uomini e i cani dovrebbero rilassarsi ed abituarsi all’idea. (Robert A. Heinlein)

Cercate di capire il gatto e capirete la donna. (Detto orientale)

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Si dice sempre “gattara” e mai “gattaro”; esiste la “crazy cat lady” ma non il “crazy cat man”. ccl

Impossibile, già a giudicare dalla cultura più popolare e dai proverbi, non associare il gatto e la donna. In effetti è possibile esplorare la questione almeno da tre punti di vista: quello religioso, quello storico-sociale e quello scientifico.

La dea Bastet e la dea nordica Freya sono solo esempi di come, nei pantheon, il gatto sia da sempre associato al femminile. Bastet era rappresentata con il corpo di donna e la testa da gatta; il suo ruolo era inoltre di protettrice della casa e della fertilità, compiti tipicamente femminili. Iconograficamente, Freya, dea della fertilità, viene trascinata su un carro da quattro, a volte due, gatti grigi.

dea bastet

Dea Bastet

Freya

Dea Freya

Dal punto di vista storico-sociale, ci si può invece collegare a un’accusa che ancora oggi viene mossa ai gatti: di essere animali pigri, opportunisti e approfittatori, privi di qualsiasi attaccamento ai loro umani. Una caratterizzazione che si trascinano dietro dai secoli in cui la donna era soggetta prima all’obbedienza al padre poi, dopo il matrimonio al marito. Non è certo un segreto che per secoli in un nucleo familiare al di fuori il ruolo di potere sia spettato all’uomo, un potere assoluto o quasi sulla moglie e sui figli e che non tollerava forma di disobbedienza alcuna.

Anche negli animali l’uomo nelle ere passate ha sempre ricercato doti atte alla servilità e alla sottomissione. Il cane, in questa ottica, è quindi “cosa da uomini”, mentre il gatto, col suo carattere indipendente e in quanto tale un pericolo al potere assoluto del maschile, è stato sminuito e disprezzato, mantenuto affamato perché fosse spinto a cacciare i topi annidati dentro casa. Ed è proprio all’interno della casa, di fronte al focolare, che donna e gatto iniziano a legarsi, entrambi confinati in un ruolo interno alla casa e ad obblighi di natura familiare, malvisti come membri in ascesa sociale e a cui è negata la ribellione.

È proprio il binomio che si crea precedentemente alla caccia alle streghe a spingere gli inquisitori, quando il tempo delle persecuzioni giunge, a condannare il gatto e la donna in coppia; persino Belzebù, nei processi riportati nel Malleus Malleficarum, ha l’aspetto di un grosso gatto nero. Il felino diventa inoltre il simbolo del male, servitore di Ecate, regina delle tenebre che aveva creato i topi per nutrirlo. Oggi sappiamo che le donne condannate al rogo in gran parte altro non erano che erboriste, e come tali dirette concorrenti dei medici, figure maschili: ancora una volta,  il potere vuole soffocare la liberta’ di pensiero e delle azioni, e non può quindi accettare di veder sovvertito l’ordine sociale a causa di donne che non si adattano al ruolo per loro ritagliato da secoli.

La terza e ultima voce chiamata in causa è quella della scienza, che prova a spiegarci perché i mici sembrano preferire le donne agli uomini. Secondo l’etologo inglese Desmond Morris, esistono tre motivazioni. La prima è che i mici troverebbero più piacevole la voce femminile rispetto a quella maschile, perché più acuta e quindi più simile alla loro (a proposito di questo, vi invitiamo a leggere quest’articolo che parla di.. gatti e musica!). La seconda spiegazione si collega al medico come figura maschile, e al pessimo ricordo che un gatto porta in sé del veterinario: tale immagine influirebbe negativamente in merito al rapporto con gli uomini. Infine, secondo la terza teoria uomini e donne hanno un approccio diverso verso il gatto: i primi tendono a chinarsi sull’animale restando in posizione sovrastante e quindi intimorendolo, mentre le seconde spesso si accucciano per interagire con lui allo stesso livello.