La penna e il gatto, un amore lungo secoli

Uno scrittore senza un gatto è inconcepibile. Certo è una scelta perversa, poiché sarebbe più semplice scrivere con un bufalo nella stanza piuttosto che con un gatto. Si accucciano tra i vostri appunti, mordicchiano le penne e camminano sui tasti della macchina da scrivere.

Forse basterebbero queste parole di Barbara Holland, scrittrice paladina dei piccoli vizi, e i gatti polidattili di Hemingway  per marchiare a fuoco il legame tra gatti a scrittori. Ma siccome non sono gli unici due nomi che hanno incrociato le loro penne con le sinuose code dei gatti in un abbraccio affettuoso, vogliamo qui fornirvi un campionario più ampio, ordinato cronologicamente. Anche per, perché no, fornire qualche consiglio di lettura.

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Walter Scott

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In mezzo a questo naufragio di libri ed oggetti con la gravità di Mario tra le rovine di Cartagine sedeva un grosso gatto nero, che per un occhio superstizioso avrebbe potuto rappresentare il genius loci, il demone tutelare di quelle stanze.

Chissà che Jonathan Oldbuck, protagonista del romanzo L’antiquario, non sia altro che un alter ego letterario di Scott: Scott stesso del resto condivideva la casa con Hinse, un felino tanto temerario e attaccabrighe da terrorizzare i cani dello scrittore… quando non dormiva sulla scrivania col suo umano, come testimonia l’immagine. Storia vuole che però, alla fine, Hinse sia rimasto vittima della sua stessa temerarietà.

John Keats

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Guardi con quei brillanti, languidi segmenti di verde e raddrizzi le tue orecchie di velluto
ma ti prego non affondare i tuoi nascosti artigli.

Il poeta romantico inglese non ha certo bisogno di presentazioni, ma forse non tutti sanno che ha dedicato un sonetto a un gatto anziano, di cui ripercorre con affettuoso rispetto la lunga vita: Il gatto della signora Reynlods. Se n’è sicuramente ricordata la regista Jane Campion al momento di girare il film Bright Star, dedicato alla storia d’amore tra Keats e Fanny Brown, di cui fa parte il fotogramma associato, poco sopra, al poeta: lo vediamo infatti accarezzare amorevolmente un gatto bianco e nero.

George Sand

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Secondo alcuni i gatti sono dei diavoli, ma si comportano male soltanto quando sono da soli; quando stanno insieme a noi, sono degli angeli

Amantine-Lucile-Aurore Dupin, meglio conosciuta con lo pseudonimo di George Sand, aveva costruito un rapporto talmente stretto con la sua gatta Minou da condividere con lei la propria tazza di latte.

Edgar Allan Poe

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Quest’ultimo  era  un  animale  eccezionalmente  forte  e  bello,  tutto  nero,  e 
straordinariamente sagace. Quando parlava della sua intelligenza, mia moglie, che 
in  cuor  suo  era  non  poco  imbevuta  di  superstizione,  alludeva  spesso  all’antica 
credenza popolare che considerava tutti i gatti neri streghe travestite.

Non si può pensare a Edgar Allan Poe senza rievocare il suo racconto, Il gatto nero, in cui il micio Plutone sopravvive in maniera pressoché soprannaturale ai maltrattamenti di un “umano” alcolizzato e, alla fine, lo smaschera di fronte alla polizia per l’omicidio della moglie. Non sorprenderà forse sapere che Poe era invece praticamente l’opposto del personaggio a cui ha dato vita: lui e Catarina, la gatta che spesso e volentieri gli riposava sulla spalla mentre scriveva, erano quasi una sola anima. Tanto che Catarina morì due settimane dopo la dipartita del suo adorato umano.

Charles Baudelaire

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Vieni, gatto bello, sul mio cuore innamorato; tieni strette l’unghie nelle zampe,
e lasciami annegare nei tuoi occhi belli  fatti d’agata e metallo.

Conosciuto, e al tempo ridicolizzato, per la sua tendenza a ignorare le persone in favore dei gatti, qualora almeno uno di essi fosse presente, Baudelaire è una fonte di letteratura gattesca obbligata per gli appassionati di questi piccoli grandi e animali. Prima tra tutte la sua poesia più conosciuta, Il gatto, ma non solo poesie: più di un aforisma potrà fare sorridere per la chiara devozione di questo poeta e scrittore ai mici.

Christina Rossetti

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Who shall tell the lady’s grief
When her Cat was past relief?
Who shall number the hot tears
Shed o’er her, belov’d for years?

Poetessa dell’Inghilterra Vittoriana, è stata a lungo dimenticata e trascurata, ingiustamente. In questa sede viene ricordata come autrice dell’elegia Sulla morte di un gatto, scritta a sedici anni dopo la morte del suo gatto a pelo lungo Grimalkin.

Mark Twain

Mark Twain

Gli piace rintanarsi in una buca dell’angolo del tavolo da biliardo dove si infila sì bene come una mano in un guanto e poi si mette ad osservare il gioco e ad impedirlo, e rovina quanti più tiri può intervenendo con la zampa a cambiare la direzione di una palla che passa.

Mark Twain, con i suoi mici dai nomi pomposi come Blatherskite e Apollinaris giocava addirittura a biliardo!

T. S. Elliot

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Potete anche pensare a prima vista, che io sia matto come un cappellaio, eppure, a conti fatti, vi assicuro che un gatto deve avere in lista, TRE NOMI DIFFERENTI. 

… uno per l’uso di tutti i giorni, l’altro più nobile per la sua dignità, e poi c’è il suo nome segreto. Quello, non lo rivelano a nessuno. E se volete saperne di più, compratevi Il libro dei gatti tuttofare: ha ispirato nientepopodimeno che il musical Cats!

Howard Philips Lovecraft

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Si dice che a Ulthar, oltre il fiume Skai, non si possono uccidere i gatti, e mentre guardo la bestiola accoccolata a far le fusa davanti al caminetto, non ho nessun motivo per dubitarne. Enigmatico, il gatto è affine a quelle strane cose che l’uomo non può vedere. È lo spirito dell’antico Egitto, depositario dei racconti a noi giunti dalle città dimenticate delle terre di Meroe e Ophir. È parente dei signori della giungla, erede dell’Africa oscura e feroce. La Sfinge è sua cugina, e lui parla la sua lingua; ma il gatto è più vecchio della Sfinge, e ricorda ciò che lei ha dimenticato.

Questa dichiarazione di amore e stima verso i mici arriva direttamente dal racconto di H.P. Lovecraft I gatti di Ulthar. Ma non è certo l’unico omaggio che questo scrittore re del sottogenere conosciuto dagli appassionati come Orrore cosmico. Il gatto del protagonista del racconto I ratti nei muri fa di nome Nigger Man, esattamente come il micio che lo scrittore stesso ha ospitato nella sua vita e nella sua casa con amore fino al 1904. Forse, il gatto tra le sue braccia nella foto sopra è proprio Nigger Man…

Karel Kapek

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Tra gli umani, un gatto è essenzialmente un gatto. Tra i gatti, un gatto è un’ombra che va in cerca di prede nel folto della giungla.

Karel Kapek, scrittore, poeta e drammaturgo ceco, è stato salvato, guarito dalla morte del suo precedente gatto da Pudlenka e successivamente da Pudlenka II, una dei tanti figli della gatta. Kapek, però, oltre a essere stato un amante dei gatti, ne ha anche utilizzato la figura per inviare un messaggio di tolleranza: nel suo romanzo I racconti sul cagnolino e la gattina ci mostra come due esseri per antonomasia nemici fino alla morte convivano assieme senza problemi.

Pablo Neruda

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Il gatto vuole solo esser gatto ed ogni gatto è gatto dai baffi alla coda, dal fiuto al topo vivo, dalla notte fino ai suoi occhi d’oro.

Quello proposto qui è soltanto un frammento della poesia di Pablo Neruda Ode al gatto: non è certamente l’unica. Altra lettura gattesca di Neruda consigliata è Come dorme un gatto (clicca qui per ascoltarla).

Jack Kerouac

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Normalmente la morte di un gatto importa molto poco alla maggior parte degli uomini, molto a pochi, ma per me, trattandosi di quel gatto, era esattamente e senza bugie e sinceramente come la morte del mio fratellino.

“Quel gatto”, citato in questo passaggio del romanzo autobiografico Big Sur, è l’amato Tyke: il micio di razza probabilmente ragdoll (il dilemma è tra persiano e ragdoll) che dormiva nel palmo della mano di Kerouac con la testa ciondolante e che, quando lo scrittore si dovette allontanare da New York, morì la notte dopo la sua partenza. Una malattia nascosta? Crepacuore? Non lo sapremo mai, ma sappiamo quanto Kerouac abbia amato il suo Tyke.

Anna Frank

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I miss Moortje every moment of the day and no one knows how often I think of her; whenever I think of her I get tears in my eyes. Moortje is such a darling and I love her so much, I dream up all sorts of plans in which she comes back again..

Chi lo sa, forse il momento in cui Peter presentò il micio Mouschi ad Anna Frank venne vissuto esattamente come trasposto in questa trasposizione teatrale de Il diario di Anna Frank. Quello che sicuramente sappiamo, leggendo il diario, è come sia stata costretta a lasciare l’amata Moortje dai vicini di casa prima di fuggire. La speranza è anche a consolarla ci abbiano pensato Mouschi e Moffie, il gatto del magazzino il cui nome fu ispirato dalla parola olandese “Moffen”, un dispregiativo per i tedeschi. Il nome stesso del micio è stato quindi una dichiarazione di odio contro i loro persecutori.